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Testo a cura di Gianna Panicola per Imago Carta
“Non mi sento mai così comoda e a mio agio come
quando stringo in mano una matita. Notatelo, e se avrete un momento d’imbarazzo ...”.
(Katherine Mansfield)
In “Imago carta”, il desiderio, proviene dalbmondo femminile, ed è nutrimento figurativo arricchito da un’elaborazione fantastica sontuosa ed originale; pulsa di notazioni, talvolta provocatorie, proprio di un sentire divertito, che vede nel disegno la libertà di racconto. Nelle
composizioni grafiche di Katia Scarlata, assistiamo ad un conflitto tra l’aggressività, la voracità,
la brama di possesso e il sottile, delicato, tratto
grafico; conflitto risolto nella fluidità inventiva.
Si avverte una tensione intensa e sottile nei corpi in equilibrio su una gamba, sulle braccia, in torsione, scomposti, deformati dai movimenti,
dalle aperture: esse si manifestano nella ‘metamorfosi’ e nell’accrescimento.
Sui colli sottili
poggiano teste sorprendenti, adagiate a loro
volta su corpi instabili, enfatizzati da un dinamismo vivace, vibrante, ritmico; una testa animalesca spalanca una bocca simulando una risata
fragorosa che dilata tutto il corpo, balza fuori di
scatto, sembra essere stata lanciata in un non luogo. È l’immaginario mostruoso della Scarlata che si arricchisce di parole, di frasi con quella
grafia minuta, elegante, come fosse un ricamo
ad impreziosire contorni di corpi di donne. Giocose interpreti di un dolore umano travestito in
un irriverente meccanismo esibizionistico. Rosse,
magre, grasse, allegre, ammiccanti, leggere, goliardiche, posano un dito sulle labbra, gustando
la libertà di sorseggiare un calice di vino a noi
offerto, inebriante. Nessun tentativo di chiudere
quelle bocche pronuncianti parole audaci, cariche di passione. Esercitano il piacere crepitante
come una fiamma di fuoco che arde: “Il fuoco
danza. È l’amor mio un fuoco che rimbalza rubicondo e ardito nella penombra? C’è un oro,
nitido su questi petali di fiori che si ripiegano,
ch’è più fedelmente mio, più conforme alla mia
brama”. Questo scriveva nei suoi appunti la scrittrice inglese Katherine Mansfield esprimendo la
necessità, quel bisogno di scrivere, alimentato
dalla passione, che nella Scarlata si esplica nel
disegno. Acrobazie golose e sanguigne, lanciano gambe in cielo per poi approdare in terra e costruire nuovi ponti con la punta di china che ha
l’effetto tagliente di una lama.
Ritorna il balletto
come catalizzatore, spettacolo coreografico con
sontuose ancelle, un po’ giullari, un po’ diavolesse. È terrificante? No, è semplicemente incantevole! “Lo spettacolo deve ancora continuare”
e la musica allieta le tempeste del nostro cuore.
La molteplicità e il mostruoso fanno la loro prima manifestazione nel mondo antico, attraverso
simboli, come ad esempio quello della Trinacria
con le tre gambe piegate attorno la testa raffigurante la Gorgone, antico mostro della mitologia
greca, al quale la Scarlata fa riferimento.
Offrono
un richiamo curioso, i ballerini con gufo di Hieronymus Bosch del “Giardino delle delizie”, con
la testa nascosta in un frutto e con le quattro
gambe, eseguono una danza rituale. Il fantastico
femminile di Katia Scarlata, ha una particolare
eccezione, determina una relazione con l’insolito, manifestando un atteggiamento di apertura
nell’accogliere il fantastico perturbante.
Il corpo
femminile, mediante il processo di metamorfosi
e di “animalizzazione”, espediente molto presente nelle opere surrealiste di Max Ernst, attua un’azione di liberazione.
La donna/uccello, archetipo della mitologia, Freya la dea dal man-
tello piumato, è il risultato di tale azione magico fantastica che in Scarlata assume caratteristiche
giocose e seducenti.
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